LILIANA MANTIONE LANARO
a cura di Elena Gollini
Il terreno della ricerca pittorica di Liliana Mantione Lanaro è l’analisi psicologica dell’arte, dalla sfera della coscienza a quella dell’inconscio, dal visibile al non visibile, dal conosciuto al non conosciuto. Ella compie una connessione tra la spazialità fissa e statica, la metafisica e la mobilità plastica e dinamica dei soggetti e delle ambientazioni di contorno. L’opera diventa un continuo intreccio, armonico e proporzionato, di materia e pensiero. I contorni precisi e ben definiti denotano un’acquisita maturità nella tecnica del disegno di matrice tradizionale e classica. Le ampie e calibrate campiture della tavolozza cromatica, dense e intense nella gamma dell’arcobaleno tonale, individuano un insieme iconografico di immediata capacità espressiva. I giochi prospettici delle luci e delle componenti luminose assumono funzione primaria e fondamentale per rafforzare l’impianto narrativo. Come dei “riflettori virtuali” posizionati volutamente in modo un po’ enigmatico e misterioso, fungono da mezzi per veicolare una coreografica messa in scena teatrale, impressa sulla tela in forma di rappresentazione evocativa di profonda valenza simbolica e subliminale, che arricchisce di suggestione l’intera composizione.
La pittrice si spinge verso un nuovo distintivo e peculiare modo di fare arte. Il suo stile risulta essere un felice connubio tra le visione affini all’avanguardia surrealista, le icone del movimento metafisico professate da Giorgio De Chirico, le visione inclini al Realismo verista e figurativo, il tutto modulato e plasmato da una personalissima e originale rivisitazione reinterpretativa. Osservando i quadri lo spettatore si trova immerso e proiettato in un dedalo di immagini e simbolismi, inseriti e accostato insieme per generare nuove alchimie visive. L’intento di creare un’atmosfera di profondità e dilatazione spaziale, fuoriuscendo dai limiti circoscritti del dipinto, evidenzia una volontà di dare vita a dimensioni all’interno delle quali le raffigurazioni proposte dialogano tra loro e al contempo interagiscono con l’esterno e il contesto circostante, stimolando la compartecipazione attiva dell’osservatore e comunicando tramite un linguaggio globale. Le immagini affiorano ed emergono dalle tele, superano lo spazio conosciuto e introducono la “terza dimensione” posta in bilico tra reale e irreale, dove tutto risulta possibile. A loro volta i dipinti dialogano tra loro, stabiliscono connessioni e collegamenti sinergici d’impronta filosofico-esoterica e mostrano l’intera produzione come la declinazione di un messaggio sotteso, unificante e uniformante, che va letto e compreso in tutta la sua essenza sostanziale di articolata e affascinante totalità.
Nella combinazione sfaccettata delle varie componenti richiamate, il colore non è mai un elemento secondario e accessorio, poiché vive di vita propria e partecipa al bilanciamento definitivo dell’immagine, come una sinfonia in cui ogni strumento partecipa all’armonia finale e diventa imprescindibile come ausilio interpretativo dell’intero lavoro. Il colore è la chiave di volta, che consente allo spettatore di immergersi e partecipare alla magia scaturita dalle immagini, evocando sensazioni e percezioni che scavano nella sua mente e nel suo animo e stimolando un approfondito sguardo interiore e introspettivo, in cui è possibile cogliere una penetrante e permeante prospettiva di avvolgente flusso di energia universale. Certamente nella sua fervida laboriosità espressiva la Mantione Lanaro ha fatto suo il principio perpetrato da San Francesco, che proclamava “Chi lavora con le sue mani è un lavoratore. Chi lavora con le sue mani e la sua testa è un artigiano. Chi lavora con le sue mani, la sua testa e il suo cuore è un artista”.
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